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CARLO MONTARSOLO
IN FORMA DI VARIAZIONE

 

La riflessione sul comportamento degli artisti attivi nella seconda metà del secolo scorso rivela, nel bene e nel male, quanto sia stata diffusa la volontà di sintonizzarsi con il veloce susseguirsi dei mutamenti in corso, interpretandoli ora come paladini di questo o di quell’altro movimento, ora come feroci detrattori; oppure come volontari fedifraghi o come concubini, vittime di incoerenza o di opportunismo oppure prede di un sincero smarrimento. Vastissima è la letteratura visiva in proposito, con narrazioni di fughe e ritorni dal realismo all’informale, dalle neoavanguardie alla transavanguardia e via di seguito.
Carlo Montarsolo è un artista che ha intensamente vissuto da protagonista le vicende del suo tempo, scampando al naufragio grazie al suo nobile distacco. Lo stesso che gli ha consentito di incanalare le contraddizioni in uno speciale imbuto capace di trasferirle in coerenza, costituendo una propria cifra stilistica, fuori dai perimetri di tendenze codificate, pur discendendo da una specifica impronta realista.
Innanzi tutto il luogo e il confronto: come in ogni pittore di paesaggio stanno alla base di una prima stagione, fatta di frequentazioni e rapporti con l’ambiente circostante; Montarsolo matura le sue conoscenze artistiche all’ombra del Vesuvio, nel clima rovente dei mutamenti avanzati dai promotori delle avanguardie partenopee da un lato e nel solco della tradizione della pittura dall’altra. Da qui, forse, quel suo guardare su più versanti che caratterizza la sua curiosità di uomo e la sua natura di artista. Si sviluppa una ricerca che per oltre tre quarti di secolo si è mossa all’interno di varianti complesse, spesso in antitesi: ne scaturisce un percorso pittorico nomade per natura e definizione, caratterizzato da una rivisitazione di proposte astratte e figurali che si inseguono e si alternano con risultati di intima trasgressione ma mai votati all’effetto, piuttosto al coinvolgimento, alla suggestione. Non è un caso che Montarsolo abbia sempre privilegiato la pittura, ovvero un medium che sostiene la manualità, cioè assumendo una specifica scelta operativa atta a restituire alla parola arte il significato etimologico di ars, artifex, fatto ad arte, con tutte le ambiguità letterarie e lessicali ad esso connesse. A questo comportamento appartiene tutto il lavoro di Carlo Montarsolo, nell’ambito di una predisposizione e di un atteggiamento che accende una specifica posizione nei confronti del reale, nella consapevolezza di non voler mai rimuovere il vero dalla coscienza. Un vero non inteso nel suo significato di somiglianza o di imitazione, ma come condotta poetica verso una realtà che Montarsolo coglie nella sua dimensione di mutamento continuo. Egli restituisce tutto questo nella sua opera di segni ed impasti cromatici espressi in pulsioni, abbandoni e ritorni, rallentamenti ed accelerazioni. Un esercizio della pittura in cui l’artista, potenza della sua immaginazione, riesce a far convivere il ritmo del tempo e quello della memoria. Una operazione, a ben vedere, non lontana da certe situazioni musicali, dove uno stesso tema, o il ricordo di esso, appare trasfigurato nelle alterazioni timbriche, nascosto tra inattese dissonanze o in linee melodiche intonate in sordina. E forse l’aspetto musicale andrebbe preso in particolare considerazione nell’analisi dell’opera di Carlo Montarsolo, inteso come continuum, come moto, come sviluppo, come variazione sulla variazione e per questo mai uguale a se stesso; musica come percezione, come itinerario. Soprattutto come linguaggio comune. Un linguaggio da dove può affiorare una poetica della pluralità, che si propone come ventaglio aperto di indirizzi, che negano ogni forma di radicalizzazione stilistica. Con questa sostanza, crediamo, Carlo Montarsolo ha costituito la sua parabola di artista e la sua costante attualità.

Marcello Palminteri

in Carlo Montarsolo. Impressioni vesuviane
a cura di Ermenegildo Frioni, Pasquale Lettieri, Marcello Palminteri
con interventi critici di Luigi Caramiello, Giovanni Cardone, Franco Lista
catalogo della mostra omonima
Scuderie di Villa Favorita, Ercolano (NA)
13 - 23 novembre 2016
Edizioni FriArte

 
 
 



CARLO MONTARSOLO
VULCANICA

 

Una agilità intellettuale che non è funambolismo ma capacità di comprendere i meccanismi dell’esistenza e dunque del cambiamento, è ciò che ha permesso a Carlo Montarsolo di praticare una penetrazione delle diversità che giunge all’unicum. Questa mostra nolana non può e non potrebbe rintracciare la complessità dell’opera del pittore di adozione napoletana, ma certo ne ripropone l’intelligenza creativa, la cui maturazione è avvenuta su terreni differenziati, in assidua dialettica con gli stravolgimenti del Novecento.
La riflessione sul comportamento degli artisti attivi nella seconda metà del secolo scorso rivela, nel bene e nel male, quanto sia stata diffusa la volontà di sintonizzarsi con il veloce susseguirsi dei mutamenti in corso, interpretandoli ora come paladini di questo o di quell’altro movimento, ora come feroci detrattori; oppure come volontari fedifraghi o come concubini, vittime di incoerenza o di opportunismo oppure prede di un sincero smarrimento. Vastissima è la letteratura visiva in proposito, con narrazioni di fughe e ritorni dal realismo all’informale, dalle neoavanguardie alla transavanguardia e via di seguito.
Carlo Montarsolo è un artista che ha intensamente vissuto da protagonista le vicende del suo tempo, scampando al naufragio grazie al suo nobile distacco. Lo stesso che gli ha consentito di incanalare le contraddizioni in uno speciale imbuto capace di trasferirle in coerenza, costituendo una propria cifra stilistica, fuori dai perimetri di tendenze codificate, pur discendendo da una specifica impronta realista.
Innanzi tutto il luogo e il confronto: come in ogni pittore di paesaggio stanno alla base di una prima stagione, fatta di frequentazioni e rapporti con l’ambiente circostante; Montarsolo matura le sue conoscenze artistiche all’ombra del Vesuvio, nel clima rovente dei mutamenti avanzati dai promotori delle avanguardie partenopee da un lato e nel solco della tradizione della pittura dall’altra. Da qui, forse, quel suo guardare su più versanti che caratterizza la sua curiosità di uomo e la sua natura di artista. Si sviluppa una ricerca che per oltre tre quarti di secolo si è mossa all’interno di varianti complesse, spesso in antitesi: ne scaturisce un percorso pittorico nomade per natura e definizione, caratterizzato da una rivisitazione di proposte astratte e figurali che si inseguono e si alternano con risultati di intima trasgressione ma mai votati all’effetto, piuttosto al coinvolgimento, alla suggestione. Non è un caso che Montarsolo abbia sempre privilegiato la pittura, ovvero un medium che sostiene la manualità, cioè assumendo una specifica scelta operativa atta a restituire alla parola arte il significato etimologico di ars, artifex, fatto ad arte, con tutte le ambiguità letterarie e lessicali ad esso connesse. A questo comportamento appartiene tutto il lavoro di Carlo Montarsolo, nell’ambito di una predisposizione e di un atteggiamento che accende una specifica posizione nei confronti del reale, nella consapevolezza di non voler mai rimuovere il vero dalla coscienza. Un vero non inteso nel suo significato di somiglianza o di imitazione, ma come condotta poetica verso una realtà che Montarsolo coglie nella sua dimensione di mutamento continuo. Egli restituisce tutto questo nella sua opera di segni ed impasti cromatici espressi in pulsioni, abbandoni e ritorni, rallentamenti ed accelerazioni. Un esercizio della pittura in cui l’artista, potenza della sua immaginazione, riesce a far convivere il ritmo del tempo e quello della memoria. Una operazione, a ben vedere, non lontana da certe situazioni musicali, dove uno stesso tema, o il ricordo di esso, appare trasfigurato nelle alterazioni timbriche, nascosto tra inattese dissonanze o in linee melodiche intonate in sordina. E forse l’aspetto musicale andrebbe preso in particolare considerazione nell’analisi dell’opera di Carlo Montarsolo, inteso come continuum, come moto, come sviluppo, come variazione sulla variazione e per questo mai uguale a se stesso; musica come percezione, come itinerario. Soprattutto come linguaggio comune. Un linguaggio da dove può affiorare una poetica della pluralità, che si propone come ventaglio aperto di indirizzi, che negano ogni forma di radicalizzazione stilistica. Con questa sostanza, crediamo, Carlo Montarsolo ha costituito la sua parabola di artista e la sua costante attualità. Nella traiettoria vulcanica di una vita.

Marcello Palminteri

in Carlo Montarsolo. Vulcanica
a cura di Ermenegildo Frioni, Pasquale Lettieri, Marcello Palminteri
con interventi critici di Giorgio Agnisola, Luigi Caramiello, Franco Lista
catalogo della mostra omonima
Convento di Santo Spirito, Ex carcere mandamentale, Nola(NA)
3 - 17 dicembre 2016
Edizioni FriArte

 
 
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