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ALBERTO BIASI
UNA POETICA DI RIGORE

 

L’integrità dell’opera di Alberto Biasi (Padova, 1937) è scandita da una cifra stilistica inconfondibile e coerente, pregnante e persuasiva, che da oltre un cinquantennio lo pone tra gli artisti più interessanti del panorama non solo nazionale. Unanimamente considerato tra i maggiori esponenti dell’Arte Cinetica e Programmata, Biasi è artista che non ama le classificazioni: “Se proprio mi si vuole etichettare, - dichiara in una recente intervista - vorrei essere catalogato e distinto per quello che effettivamente sono, cioè per la mia ricerca poliedrica ... quindi artista cinetico, ma anche optical, anche programmato, soprattutto gestaltico, insomma un artista caleidoscopico, iniziatore dell’arte interattiva, creatore di opere che non rappresentano ma diventano, costruttore di contenitori d’energia, di strumenti che interagiscono con chi li guarda, dando origine a immagini e forme virtuali, non cinetiche, si badi bene, ma dinamiche”. Costante, nel suo lavoro, è la ricerca di un equilibrio compositivo la cui razionalità strutturale non si esaurisce nella sola dimensione volumetrica; una razionalità che si accompagna, sempre, ad una interiorità che evidenzia l’assimilazione poetica come sentimento liberatorio. Infatti, se da un punto di vista tecnico rivela un sorprendente mestiere, necessario a chi, come lui, opera in ambiti di precisione e rigore, dal punto di vista emotivo rivitalizza una sintassi che si presenta senza cedimenti, densa di valori appartenenti all’universo dell’uomo e alle sue discipline. Negli anni Sessanta, anni inquieti e di intensa sperimentazione, la volontà di scoperta, la necessità di confronto, porteranno l’artista a formare il Gruppo N (1959, con il quale opererà sino al ‘67); più tardi sarà tra i promotori di Nuove Tendenze (1961) e tra i fondatori di Arte Programmata (1962). Il superamento della pittura tradizionalmente intesa, avverrà con l’ausilio di strutture lamellari in pvc, prismi di cristallo, plexiglas e altri materiali utili ai “congegni” visivi immaginati dall’artista. Tuttavia Alberto Biasi non rinnegherà mai la pittura; il senso del colore, del resto, dà la dimensione dell’amore e del rispetto che l’artista nutre per essa. E lo si ravvisa nelle variazioni cromatiche, nelle sovrapposizioni, nel fascino misterioso delle sue forme su materiali trasparenti, nel rapporto tra movimento e staticità negli assemblaggi. Di più. Dopo gli anni di sperimentazione “di gruppo”, terminata la carica propulsiva del lavoro d’insieme, ovvero quando la ricerca di Biasi proseguirà “da solista”, la pittura invaderà il campo emergendo con rinnovata potenza: il suo lavoro assumerà un inconfondibile ritmo musicale, armonico, polifonico; giallo e ocra, celeste e azzurro, rosa e rosso, grigi e neri, fino a riflettere i suoi moti in una ondulazione di linee che nel tempo e soprattutto nelle opere più recenti, amerà sempre meno il rigore lineare e sempre più la diffusione cromatica, attraverso una deformazione che si specifica in una personalissima stilizzazione. Ne sono prova alcuni particolari elementi linguistici: l’organizzazione della complessità strutturale, la tendenza alle stratificazioni visive che mutano percettivamente le superfici, la disposizione della gamma dei colori, l’attenzione ad evitare gerarchie cromatiche; un modo per superare il vincolo di sincronie troppo rigide come antidoto all’irrigidimento dell’articolazione formale. Esaminare il corpus della sua opera, permette di comprendere come il genio della forma abiti nell’artista veneto e come esso sia capace di concretizzare uno stile capace di elaborare un vasto repertorio immaginifico il cui vigore formale e cromatico si agita in ogni composizione, non negando mai i lati emozionali del suo intervento. Potremmo dire che Biasi riesce a far coincidere le verità della geometria con le verità della natura e dell’idea, sorprendendoci attraverso l’opera d’arte grazie alla concretezza immediata con la quale si propone, con un vitalismo pulsante e la perfetta disponibilità nei confronti dell’esperienza visiva di chi guarda. E’ in virtù di queste regole, di questa poetica di rigore, che l’opera di Alberto Biasi riesce, come un contrappunto, un canone o una fuga, a destare assai presto l’impressione di una espressività sentita e vissuta, lirica ed elegiaca, come solo alla musica è concesso. appunto.


Marcello Palminteri

in Artantis.info, n. 0, novembre/dicembre 2010, Artantis Edizioni, Napoli


 
 
 

ALBERTO BIASI
UNA RICERCA POLIEDRICA

 

L’Sin dai primi anni Settanta Alberto Biasi è considerato uno tra i maggiori esponenti dell’Arte Cinetica e Programmata. Eppure l’Artista si è sempre curato ben poco delle classificazioni: "Se proprio mi si vuole etichettare, - dichiara in una recente intervista - vorrei essere catalogato e distinto per quello che effettivamente sono, cioè per la mia ricerca poliedrica ... quindi artista cinetico, ma anche optical, anche programmato, soprattutto gestaltico, insomma un artista caleidoscopico, iniziatore dell’arte interattiva, creatore di opere che non rappresentano ma diventano, costruttore di contenitori d’energia, di strumenti che interagiscono con chi li guarda, dando origine a immagini e forme virtuali, non cinetiche, si badi bene, ma dinamiche". L’integrità della sua opera, scandita da un marchio stilistico sempre pregnante e persuasivo conferisce al suo lavoro, meditato e costante, un profilo inconfondibile. L’equilibrio compositivo la cui razionalità strutturale non si esaurisce nella sola dimensione volumetrica, caratterizza la produzione di Alberto Biasi (Padova, 1937) da ormai un cinquantennio, attraverso lo svelamento di un io attento ai flussi interiori dello spirito. Esaminare il corpus della sua opera, superando il diktat cinetico spesso persino fuorviante, permette di comprendere come il genio della forma abiti nell’artista veneto e come esso si accompagni ad una interiorità che evidenzia l’assimilazione poetica come sentimento liberatorio. Infatti, se da un punto di vista tecnico rivela un sorprendente mestiere, necessario a chi, come lui, opera in ambiti di precisione e rigore, dal punto di vista emotivo rivitalizza una sintassi che si presenta senza cedimenti e per questo densa di valori appartenenti all’universo dell’uomo e alle sue discipline. Potremmo dire che Biasi riesce a far coincidere le verità della geometria con le verità della natura e dell’idea, sorprendendoci attraverso l’opera d’arte grazie alla concretezza immediata con la quale si propone, con un vitalismo pulsante e la perfetta disponibilità nei confronti dell’esperienza visiva di chi guarda. La pittura e i suoi possibili spessori materici sono congeniali al giovane Biasi ma non bastano a dare la consistenza plastica e dinamica che va ricercando. Siamo intorno agli anni Sessanta, anni inquieti e di intensa sperimentazione: volontà di scoperta, necessità di confronto, porteranno l’artista a formare il Gruppo N (1959, con il quale opererà sino al ‘67); più tardi sarà tra i promotori di Nuove Tendenze (1961) e tra i fondatori di Arte Programmata (1962). Il superamento della pittura avverrà con l’ausilio di strutture lamellari in pvc, prismi di cristallo, plexiglas e altri materiali utili ai "congegni" visivi immaginati dall’artista. Eppure. Come scrive Elena Forin, "anche se non dipinge quella tecnica la ama e la rispetta, e si vede (…). E poi, a ben guardare, un senso pittorico per quanto sui generis c’è eccome (…), nelle variazioni cromatiche, nelle strutture lamellari, nel fascino misterioso delle sue forme su materiali trasparenti, nel rapporto tra movimento e staticità negli assemblaggi". Terminata la carica propulsiva del lavoro d’insieme, la ricerca di Biasi proseguirà "da solista". E’ allora che il suo lavoro assumerà un inconfondibile ritmo musicale, armonico, polifonico; giallo e ocra, celeste e azzurro, rosa e rosso, grigi e neri, fino a riflettere i suoi moti in una ondulazione di linee che nel tempo e soprattutto nelle opere più recenti, amerà sempre meno il rigore lineare e sempre più la diffusione cromatica, attraverso una deformazione che si specifica in una personalissima stilizzazione. Ne sono prova alcuni particolari elementi linguistici: l’organizzazione della complessità strutturale, la tendenza alle stratificazioni visive che mutano percettivamente le superfici, la disposizione della gamma dei colori, l’attenzione ad evitare gerarchie cromatiche; un modo per superare il vincolo di sincronie troppo rigide come antidoto all’irrigidimento dell’articolazione formale. Il colore affiora come magma fluorescente, impalpabile, come per superare il classico principio di nucleo generatore. Ecco perché l’opera di Alberto Biasi, esposta nei maggiori musei del mondo, anche se compiuta secondo i più rigorosi criteri, pure riesce a destare assai presto l’impressione di una espressività profondamente sentita e vissuta, lirica ed elegiaca.


Marcello Palminteri


in AreaArte, n. 3, autunno 2010, Martini Edizioni, Thiene



 
 
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