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SALVATORE PROVINO
EFFETTI COLLATERALI

 

Il percorso pittorico di Salvatore Provino, ben testimoniato dalla mostra in corso a Palermo nei saloni del piano nobile di Palazzo Sant’Elia (a cura di Ezio Pagano, testo in catalogo di Giorgio di Genova, coordinamento di Vincenzo Di Tanto) racconta di una personalissima interpretazione della fenomenologia naturale, concentrata nel perimetro di opere che dalle piccole alle grandissime dimensioni, riferiscono di un artista originalissimo ed autentico. L’astrazione è per Provino il luogo dove condensare la sua percezione del mondo e l’emozione, dove è materialmente possibile, attraverso l’artificio, allargare l’esperienza del vero che ci circonda, liberando le convenzioni tecniche dalla "tirannia" della "ri-produzione", per generare nuove immagini, nuove ipotesi del visto e del vissuto. Un tuffo nel caos, come direbbe Deleuze, capace di produrre un collasso dei codici della rappresentazione; un momentaneo crollo che non significa rinuncia alla figurazione che, anzi, riappare in forma di sensazione, area di nuove possibilità e germinazione di nuova vita. Lo spazio del quadro diventa allora lo spazio dell’evento; vale a dire ciò che accade all’improvviso e mostra il mondo in modo nuovo e diverso segnando il momento di un incontro travolgente che prende alla sprovvista, proprio perché si verifica in modo imprevedibile. In tal senso il lavoro dell’artista siciliano si caratterizza per la disponibilità che offre e per essere il frutto maturo di una poetica in cui ciò che è sulla tela non è solo immagine ma anche vicenda strettamente legata alla biografia e, per questo, capace di annullare ogni distinzione tra arte e vita. E’ contemporaneamente traccia e rinascita, parte di una dualità tra l’ideale dell’arte e il pragmatismo dell’essere. Al di là, solo una idealizzazione proteiforme in cui l’artista mette a fuoco il "soggetto" del dipinto, spesso segnalato nel titolo (Caro Rembrandt, Nell’Isola di Vulcano, Un profeta, Dal Cavaliere Azzurro, Gola di luce nei corpi, …) che metterà in evidenza l’inclusione del suo lavoro nel campo della mitologia, della storia, dell’appartenenza geografica, creando in ogni opera quegli "Effetti Collaterali" che è il titolo più appropriato che questa mostra poteva possedere. La tela è il territorio conflittuale in cui texture, contrasti, sfumature, toni, nella loro opposizione si scontrano e dove la carica delle forze contrarie si scioglie nel riposo. Per questo l’opera di Salvatore Provino perviene sempre ad una struttura che non perde mai di vista una solida finalità pittorica, una armonia interna assolutamente musicale, come avviene, per esempio, nella musica di Luciano Berio, dove elementi tanto diversi tra loro si assestano nelle tessiture della scrittura sinfonica. Il segno, come una precisa orchestrazione, si dilata sulla superficie, l’arricchisce di cromatismi vivificati da impasti densi e filamentosi, che manifestano un chiaro carattere metamorfico, un movimento di trasformazione che agisce dall’interno. Spazi e forme si fondono in atmosfere ora di acquosa trasparenza, ora di impalpabili fiamme, quasi in contrapposizione alla fisicità di cui l’opera stessa è impregnata. Così Provino propone la sua visione del mondo. Questi gli "effetti collaterali" dell’arte e della sua vita di artista.

Marcello Palminteri

in Artantis.info, n. 7, gennaio/febbraio 2012, Artantis Edizioni, Napoli


 
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