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ROSARIO GENOVESE
POETICO UNIVERSO

 

Il campo di sperimentazione di Rosario Genovese appartiene alle relazioni in cui arte ed artigianato trovano una reale risposta che dall’applicazione tecnica rimbalza sul piano teorico: l’artista catanese fa del suo studio il "laboratorio" ideale dove manualità ed intelletto, abilità tecnica e curiosità scientifica, si piegano alle esigenze compositive, ovvero alla materializzazione dell’idea che da interpretazione diventa oggetto e, quindi, opera d’arte. Il lavoro di costruzione si articola in rapporto al pensiero estetico: ed è quest’ultimo a sorreggere la mano, la percezione dello sguardo e, come sempre in arte, a determinare la qualità degli esiti. Così si spalanca una fitta rete di sorprese che nascono e si sviluppano nelle inattese interferenze, nelle relazioni tra forma e pittura, tra segno e cultura, segno e immaginazione, segno e sogno. Non solo: il rigore tecnico e costruttivo di Rosario Genovese assorbe le possibilità tecnologiche della riproducibilità per allargare le condizioni della visione, per stimolare nuove elaborazioni visive che sempre sottendono ad una chiara concettualità che rende tutta la sua opera non solo originale ma immersa in una contemporaneità vera che vive e si nutre di contaminazioni. Nell’esperienza artistica del nostro tempo è frequente che gli artisti abbiano commentato le loro opere, il loro modus operandi, tracciando riflessioni sulla poetica e sull’estetica, addirittura addentrandosi in studi analitici; probabilmente perché la complessità delle arti talvolta necessita di ulteriori delucidazioni essendo rimosse formule ormai non più vincolanti, cresciute nel verso della libertà. Genovese è tra questi, non si sottrae a testi e parole: è creatore, attore, spettatore, commentatore del suo lavoro, poiché lo vive con intensità, nella formulazione e nell’installazione, cioè nella teatralizzazione in cui ogni sua opera si colloca. Tondi o ellittici i dipinti di Genovese, nell’evidente riferimento a pianeti, satelliti ed astri della nostra galassia, vivono ora nella loro preziosa singolarità, ora in disposizioni installative atte a ricreare costellazioni e sistemi spaziali. Dimensioni e distanze accentuano sia il rigore scientifico sia l’impatto emotivo, reso vibrante per mezzo di una collocazione che è palcoscenico, luogo dell’avvenimento e allegoria prodotta nello straniamento. Uno straniamento forse affine all’esperienza musicale (meno a quella cinematografica, più votata all’effetto e alla suspence): basti pensare alle composizioni "celesti" di György Ligeti, Bruno Maderna o ai più noti "Pianeti" di Gustav Holst in cui, proprio come nell’opera di Genovese, sono varie le sensazioni che accompagnano l’ascoltatore/osservatore lungo quel viaggio planetario in cui si proiettano le multiformi esperienze intersecatesi nel panorama artistico novecentesco e contemporaneo, dalle visioni simboliste alle rarefazioni astratte sino ai più spinti concettualismi. Eppure la considerazione eclettica è riassunta da Genovese da una superiore omogeneità che risiede nella solidità della forma e nella misura coloristica, in quel timbro pittorico e nella veemenza di un segno che è la cifra stilistica della sua opera, così minuziosamente intessuta. Una pittura che più recentemente trova sfogo nelle ipotesi delle esperienze binarie, volta ad utilizzare procedimenti fotomeccanici di riproduzione poi riassorbiti nel tessuto e nel clima del segno e del colore, aperto a svariate sollecitazioni e non incline a restrizioni di sorta. Un modo di procedere non disgiunto dal passato, dall’esperienza, dall’ispirazione poetica, dal sogno, dunque da un atto immaginifico che condiziona ogni azione. La tecnica, infatti, per effetto dei processi risultanti in corso d’opera, non ingabbia la vis poetica ma la sostanzia nell’effetto. E, soprattutto, non declina il valore della pittura. Perché Rosario Genovese fa - e vuole continuare a fare - pittura, con precisa presa di posizione all’interno della condizione e del divenire delle arti, del tempo che la condiziona e la trasforma e in cui sempe risorge tutto contenendo. Rosario Genovese si serve nello stesso istante di mezzi tradizionali e mezzi messi a disposizione dalla tecnologia, entrambi efficaci ed idonei a rappresentare una certa dimensione del mondo. L’elaborazione, il montaggio delle immagini, raddoppiate in riproduzioni speculari oppure slittate e ripetute, sono il risultato di una operazione selettiva e quindi trasferite mediante un efficace procedimento di organizzazione e riproduzione visiva. Interviene poi un flusso associativo di frequenze e sequenze che modellano il "doppio" e lo rendono nuovamente unico, facendo leva sul mutamento delle aree di azione così da imprimere ai fatti della realtà "trascritta" una propria dinamica. Abbiamo, di conseguenza, un processo in divenire che sposta il risultato in uno stadio della pittura che reclama se stessa e i canoni che la contraddistinguono rispetto alle diversità linguistiche di cui è intrisa. Si ha così una sembianza dell’universo in cui la nostalgia della figurazione riscatta le suggestioni del vero e del mito secondo fisionomie continuamente suggerite e dissolte, che recuperano o annullano possibilità prospettiche e diramazioni. Genovese riesce nell’ardito compito di traslare nell’area disponibile della natura le componenti peculiari della pittura, evitando di farle coesistere per scontri tecnici o ideologici, al fine di conferire sia alla tecnica che alla manualità, un inconfondibile status di paesaggio creativo di suggestiva sembianza, praticando una poetica che si riformula ripetutamente in ipotesi linguistiche e in cosmi formali che rifiutano tanto l’oggetto naturalisticamente definito quanto il caos, così pervenendo al suo personalissimo poetico universo.

Marcello Palminteri

in Rosario Genovese. Poetico Universo
a cura di Ermenegildo Frioni
t
esti in catalogo di Francesco Gallo, Marcello Palminteri
catalogo della mostra omonima
Centar Savremene Umjetnosti Crne Gore
Dvorac Petrovica, Podgorica (MONTENEGRO)
2 giugno - 2 luglio 2016


 
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