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ALESSANDRA LAZZARIS
UNA CONCRETEZZA ALEATORIA

 

Il corpo della pittura di Alessandra Lazzaris avvolge, come una presenza fisica, il supporto dell’opera, si appropria del perimetro che gli appartiene come inchiostro versato, come lava incandescente alla conquista di un lembo di terra; una stratificazione che è sinonimo di vita in fieri: corpo, appunto, denso, pulsante. Corpo come vita, ridotta alla sua più semplice espressione. Essenziale, come l’astrazione combinatoria che è alla base del procedimento creativo di questa pittura, ora fine ed ora grossolana nel suo scorrere, lucida ed opaca insieme, raccolta come in pozzanghera oppure filamentosa. Apparentemente monocroma eppure carica di una luminosità intrinseca che ne attenua sempre una concretezza troppo evidente. Già di per sé la pratica creativa di Alessandra Lazzaris rifugge ogni staticità, accarezzando l’indeterminatezza del non finito. Se parlassimo in termini musicali potremmo dire che la sua opera si svolge come una partitura in cui, ad intervalli programmati, vi siano battute aleatorie, lasciate alla "collaborazione creativa" dell’interprete che, in questo caso, sono la chimica e il tempo; ruggine e ossidi metallici, investendo la superficie, sfuggono al controllo della mano, per vivere di vita propria, disobbedendo alle "regole" applicate dall’artista all’insieme dell’opera; sicché ciò che era orizzontale può diventare verticale costruendo di volta in volta nuove grammatiche all’interno di composizioni che sono insieme pittura, scultura, installazione, sollevando ogni oggetto da rigide classificazioni. E, tutto questo, senza trucchi, in virtù di una sincerità e di una disponibilità nei confronti della materia che testimonia della volontà di relazione col mondo. Il piacere per le variazioni dettate dall’imprevedibilità dei materiali utilizzati, la verifica costante delle disponibilità offerte, convergono in una forma abbondante di varietà e di soluzioni che stanno alla base di uno speciale equilibrio compositivo sospeso tra vero e apparente, tra casuale e progettato, tra indefinito e deciso; dati messi ancor più in discussione quando le lamiere si fanno specchianti appropriandosi dello spazio circostante per assorbirlo, facendo abitare l’opera nella dimensione quotidiana di ciò che le sta intorno. Le ossidazioni della superficie, in questo caso, aumentano quello stato di "variazione continua" che è alla base di tutto il lavoro di Alessandra Lazzaris. E questo concetto vale come risposta ad ogni banale accusa di citazione e di palese richiamo: "nell’epoca della riproducibilità" ogni immagine, ogni forma, satura la nostra memoria e ogni riferimento ad artisti e fatti (di ieri e di oggi) è una contaminazione da cui è inutile fuggire ma da cui è utile partire. I linguaggi oscillano inesorabilmente e creano sempre nuove dimensioni e ogni opera è un territorio altro, un rinnovato contenitore di memoria che ripete all’infinito le possibilità fisiologiche del fare arte, facendo, come dicevamo all’inizio, "corpo", smentendo ogni supposizione di morte e certificando - se mai ce ne fosse il bisogno - che la pittura non è finita ma anzi, è solo agli inizi. A tal proposito mi sembra opportuno citare alcune considerazioni annotate recentemente dall’artista: "Penso alla pittura, alla sua identità perduta, a quali sono le possibilità della sua sopravvivenza. Forse solo attraverso la sua negazione o attraverso la sua memoria e il ricordo di ciò che è stato … La memoria è l’aspetto che più mi interessa e la memoria della pittura è la matrice di questa mia ricerca nel lavoro sull’acciaio a specchio. Nel lavori sulla ruggine dipingo con gli acidi. Il pennello toglie materia, il ferro diventa ruggine e la pittura è già sedimentata sotto la lamiera. Così la definizione dell’immagine diventa una scoperta. Nello specchio si riflette l’immagine e la materia pittorica è solo di passaggio, proprio come qualunque immagine sullo specchio. Ciò che vedo è dipinto ma potrebbe anche non esserlo e svanire, dissolversi. La pittura è un’entità di passaggio ..." Procedendo con un ossimoro, potremmo dire che la concretezza aleatoria dell’opera di Alessandra Lazzaris associa alle proprietà cromatiche suggerite dai materiali utilizzati, la sorpresa dell’emersione, ottenuta dall’alchimia dei procedimenti: è la sublimazione poetica della materia che, costituendosi in opera si veste di quotidianità, arricchendosi nella ripetizione creativa e nelle coincidenze delle disponibilità poetiche a cui l’artista, giorno dopo giorno, va incontro.


Marcello Palminteri


in AreaArte, n.8, inverno 2011/2012, Martini Edizioni, Thiene


 
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